sabato, febbraio 02, 2008

L' E TORNA CARLEVE!!!!

LA BATTAGLIA DELLE ARANCE

Il tradizionale getto delle arance affonda le sue radici intorno alla metà dell’ottocento. Ancor prima, e più precisamente nel Medioevo, erano i fagioli i protagonisti della battaglia.Si narra infatti che due volte all’anno il feudatario donasse una pignatta di fagioli alle famiglie povere e queste, per disprezzo, gettassero i fagioli per le strade. Gli stessi legumi erano anche utilizzati in tempo di carnevale, come scherzosi proiettili da lanciare addosso ad improvvisati avversari. Intorno agli anni trenta e sessanta del secolo scorso, insieme a coriandoli, confetti, lupini e fiori, le ragazze lanciavano dai balconi, mirando le carrozze del corteo carnevalesco, qualche arancia. I destinatari erano giovincelli dai quali le stesse ragazze volevano essere notate.Dalle carrozze si iniziò a rispondere scherzosamente a tono e, poco a poco, il gesto di omaggio si trasformò prima in duello, quindi in un vero e proprio testa a testa tra lanciatori dai balconi e lanciatori di strada. Solo dal secondo dopoguerra la battaglia assunse i connotati attuali seguendo regole ben precise.Ancora oggi lo scontro si svolge nelle principali piazze della città, e vede impegnati equipaggi sul carro (simboleggianti le guardie del tiranno) contro le squadre degli aranceri a piedi i popolani ribelli) costituite da centinaia di tiratori. Si tratta indubbiamente del momento più spettacolare della manifestazione che ben evidenzia la lotta per la libertà, simbolo del carnevale eporediese. La battaglia delle arance insieme a tutti gli eventi storici presenti nella manifestazione di Ivrea, costituisce un’incredibile patrimonio culturale e goliardico, che posiziona la festa tra le più importanti nel panorama nazionale ed internazionale. Il getto dello arance rappresenta anche il momento in cui è più alta la partecipazione collettiva: tutti possono prenderne parte, iscrivendosi in una delle nove squadre a piedi oppure divenendo equipaggio di un carro da getto.


LA STORIA
La ricostruzione storica del Carnevale di Ivrea evidenzia due momenti distinti:un Carnevale sei-settecentesco, contraddistinto da elementi arcaici e comuni nei vari momenti festivi dell’epoca;un Carnevale ottocentesco in cui la municipalità eporediese se ne impossessa, anzi il Carnevale diventa supporto essenziale per una nuova identità urbana.La prima fase testimonia come sino ad allora la manifestazione fosse stata un momento essenzialmente popolare e pubblico, governato dalle badie giovanili.Gli Abbà, che troviamo documentati ad Ivrea alla guida dei cortei carnevaleschi, erano i rappresentanti di “ quel mondo alla rovescia, i “tutori del disordine”. I giovani eporediesi accompagnati dalle bande di pifferi e tamburi assumevano quell’aspetto militaresco tipico componente nel rituale delle feste per l’avvento della primavera.I vari festeggiamenti di carnevale erano divisi tra le varie parrocchie e avevano nell’abbruciamento degli scarli, il martedì grasso, il loro momento principale. Quest’ultimo rito prendeva inizio con “le zappate”, il riavvolgimento della zolla di terra, elemento carico di significati per propiziare la fertilità. In questa simbologiaè fondamentale la presenza degli ultimi sposi dei vari rioni, incaricati di dare inizio simbolicamente allo scavo delle fosse per l’erezione degli scarli. Gli Abbà, la sacralità delle fiamme nel gran falò di chiusura, e la zappata, erano gli unici momenti di ritualità obbligata in una festa che nella logica del carnevale viveva la sua natura trasgressiva.La funzione sociale dei giovani, come detentori degli usi tipicidel “mondo alla rovescia”, ovvero dei giorni di carnevale, si può supporre che fosse il traino per affollare mascherate a piedi, a cavallo e sui carri. Partendo da questo sostrato di antiche reminescenze, la festa eporediese venne ampiamente rivisitata durante il XIX secolo.Le riforme dell’Ottocento avviarono poi un processo di storicizzazione: ad un carnevale per nulla storico, si sovrappose una rappresentazione di libertà. Il carnevale diviene indice di grandezza cittadina, i grandiosi ricordi della storia di Ivrea trovano linfa vitale nei successivi momenti della storia nazionale: dapprima della cultura dello Stato Sabaudo della Restaurazione, ed in seguito in un manifestarsi crescente degli entusiasmi di un Risorgimento Nazionale. La rivisitazione o l’invenzione della “leggenda del carnevale di Ivrea” va dunque collocata all’interno di quell’ampio fenomeno culturale caratterizzante l’ottocento europeo.Per circa mezzo secolo fiorirono racconti, ballate, epici romanzi.Il 1858 segna il momento più alto di questa rivisitazione. Nel corso del galà carnevalesco fu introdotto un carro trionfale recante l’eroina della festa, la Vezzosa Mugnaia. Il carro era preceduto da araldi, trombettieri, armigeri in costume di medioevo e da scudieri portanti il picco e la zappa. Dall’alto del loro cocchio dorato, le Mugnaie Eporediesi, indossati i colori del Risorgimenti nazionale, attraverseranno tutto il restante ottocento per giungere con il loro sottile fascino sino ai giorni nostri. Nella figura di Violetta si coglie dunque una esplicita allegoria volta a raccontare il sogno e le aspirazioni risorgimentali di una città della provincia eporediese di metà secolo.




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